Pergioco>Il Gioco dello Spettacolo>Cinema>I film più amati>La vita è bella

 

La vita è bella

1997 Roberto Benigni

 

Trama

Guido Orefice, toscano montanino ed ebreo, s'innamora sul finire degli anni '30 della maestrina Dora, la corteggia in modi stravaganti, la sposa. Sei anni dopo – nell'intervallo sono venute le leggi razziali (1938), la guerra e le deportazioni – Guido con il figlioletto Giosuè parte per il campo di concentramento. Dora, che ebrea non è, li segue volontariamente. Per proteggere il figlio dall'orrore, Guido gli fa credere che quel che stanno vivendo è un gioco a premi con un carro armato in palio.

 

Il cast

Roberto Benigni

(Guido)

Nicoletta Braschi

(Dora)

Giorgio Cantarini

(Giosuè)

Giustino Durano

(Eliseo)

 

Le battute da ricordare

Questa è la mia storia, questo è il sacrificio che mio padre ha fatto, questo è stato il suo regalo per me.

 

Una recensione

Un’opera maggiore. Si può ridere, come a una comica muta di Charlot, si piange come a un film di Charlie Chaplin. Solo una volta, nella mia lunga carriera, ho azzardato un confronto con Chaplin-Charlot: ed è stato proprio per Roberto Benigni, attore protagonista nel film di Marco Ferreri Chiedo asilo. E anche lì con un bambino al fianco. Qui il bambino arriva più o meno alla metà della favola, ma basta per farla volare alto, senza mai farle perdere però l’equilibrio fra il pianto ed il riso. Il riso, prima; ma già con amari sottofondi. L’Italia del Trenta, in provincia. Benigni, nipote di un capo cameriere in un albergo che si atteggia al Grand Hotel di Amarcord, arriva dalla campagna desideroso di aprire in città una piccola libreria e, in attesa di ottenere dai burocrati locali i permessi necessari, si adatta a fare il cameriere agli ordini dello zio. Si imbatte, però, nella maestrina della scuola locale, che non ha la “penna rossa” come quella di De Amicis, ma è, quasi da bambina, fidanzata con un gerarchetto fascista sempre in attesa di sposarla. Colpo di fulmine. Benigni, che come personaggio si è chiamato Guido, passa sopra a tutto e a tutti pur di sposarla seguendola ad ogni passo, fingendo spesso di incontrarla per caso (come in un film di Troisi) e arrivando, per entrare nella scuola dove insegna, a prendere il posto di un ispettore ministeriale venuto da Roma per illustrare ai bambini il “mito della razza”, improvvisando un discorso così fitto di battute e di gags esilaranti da graffiare molto più di qualunque polemica. Anche perché va chiarito subito che Guido è ebreo, come Charlot contro Hitler nel Grande Dittatore, e, attorno, sia pure nelle cifre ovattate della provincia, comincia a patire le prime conseguenze delle leggi razziali varate di fresco. Colpo di scena, comunque, alla festa di fidanzamento della maestrina nell’albergo parato a festa. Guido smette di fare il cameriere e, a cavallo, come il Principe Azzurro, si porta via, consenziente, l’amata maestrina. Il cavallo, però, dai razzisti, è stato verniciato di verde con una scritta sopra: “cavallo ebreo”... La favola dunque, e la farsa, ma già il dramma in arrivo. Che, saltando a pie’ pari con felicissima ellissi altri fatti lasciati intendere solo in modo implicito, si propone adesso non appena Guido, sposato e con un bambino di cinque anni, Giosuè, finisce tra le grinfie dei tedeschi che lo spediscono in un campo di sterminio. L’orrore. Che però si accompagna ad un gioco, tenerissimo ed insieme straziante. Guido, ormai, ha un solo pensiero, impedire che Giosuè, in quell’inferno, si spaventi, così si dà a interpretare, appunto come in un gioco per bambini, tutto quello che accade nelle baracche del campo: fingendo di tradurre dal tedesco, che non sa, ordini spietati che trasforma in regole per come vincere giocando, disegnando in rosa, solo per suo figlio, tutto il nero che poco a poco lì attorno si farà sempre più fosco: fino alla morte di tutti gli altri bambini, fino alla possibilità, abilmente mentita, di continuare la festa con dei bambini tedeschi; fino alla morte anche di Guido, che però avrà la gioia di non avere fatto capire a Giosuè nessuna di quelle atrocità e, sia pure ormai da solo, lo vedrà avviarsi libero verso la vita: che, senza più la “favola” con gli “orchi”, di nuovo può essere “bella”. In un racconto così strutturato si sentono ovviamente anche la finezza ed il tatto di uno scrittore come Vincenzo Cerami, oggi, ormai, tra i nostri sceneggiatori più grandi; Benigni, però, seguendolo – anche come attore e come regista – ci ha messo visibilmente di suo quelle straordinarie possibilità che ormai possiede di esilarare e di commuovere, sciorinando gags ad ogni svolta dell’azione ma via via sostituendole, più procede verso la tragedia, con tensioni rarefatte su cui fanno sempre perno lui che inventa per amore e il bambino che, spesso comunque interdetto, ascolta la favola sforzandosi, anche quando gli sembrano difficili, di seguirne le regole. In climi in cui l’emozione dilaga e sul riso di prima, senza che niente stoni, prende a poco a poco il sopravvento l’angoscia. Con il sostegno, attorno, da un punto di vista strettamente cinematografico, di tecniche capaci di adattarsi, quasi per magia, alle intenzioni più ferventi dell’impresa: le scenografie di Danilo Donati, intanto, che, sempre all’insegna di un reale di fantasia, prima, nella cittadina e nell’albergo, si dilettano e ci dilettano con il Liberty e dopo, nel campo, ne sfumano gli inferni mitizzandoli appunto attraverso l’occhio di un bambino cui si raccontano favole; poi, ma non da ultimo, la fotografia di Tonino Delli Colli, con il compito arduo di riflettere, appunto, l’equilibrio difficile fra il nero ed il rosa: rispettandolo splendidamente. Anche per Benigni attore mi sento, ancora una volta, di citare Charlot. Mediato qui, se vogliamo, anche un po’ attraverso Woody Allen: per una beffa che sa anche lacerare. Tenera e fragile, al suo fianco, Nicoletta Braschi; di segno saldo e patetico, Giustino Durano, lo zio; come se uscisse dalle cure di Comencini e De Sica, Giorgio Cantarini, il bambino.
Gian Luigi Rondi, Il Tempo, 18 dicembre 1997

 

Una scena del film (mp4)

La scena finale (mp4)

 

Ultimo aggiornamento: 02/11/2008 - Per suggerimenti e contributi: E-mail

Hit Counter